Così supermercati e negozi ti fanno spendere di più

2022-05-25 09:58:27 By : Mr. Adam Gao

Trucchi della grande distribuzione e dei commercianti per spingere i consumatori a comprare. 

Siamo molto meno razionali di quanto crediamo. E tutta la nostra impulsività, la compulsività, la facilità di suggestione la dimostriamo quando compriamo qualcosa: al supermercato, al negozio, su Internet e, oggi, anche in farmacia. 

Mentre in tutti questi anni cantavamo i motivetti delle pubblicità, ripetevamo come pappagalli gli slogan degli spot televisivi, apprezzavamo i corpi dei testimonial, la grande industria della pubblicità ci studiava come cavie da laboratorio, osservava i nostri comportamenti e li indirizzava a proprio piacere. 

La verità, cari amici, è che siamo meno liberi di quanto crediamo: non decidiamo col cervello e, a volte, neanche con lo stomaco, ma decidiamo con la testa degli altri. Siamo manichini dentro un Matrix che non vogliono prendere la pillola rossa ma che preferiscono credere in un mondo dove i sofficini sorridono, dove chi usa l’olio di semi salta la staccionata con un solo braccio, dove la carne in scatola è la cosa più sana che esista solo perché accompagnata da verdurine, dove chi la mattina si abbuffa di merendine ha una famiglia più felice, dove se mangi un gelato al biscotto incontri in spiaggia la ragazza col costume rosso che ti chiede di farglielo provare.

Lo studio della psiche ha mostrato come l’uomo – quello stesso uomo capace di incredibili opere e di pensieri sui massimi sistemi – è meno di un verme al supermercato. Volete sapere perché? Ecco le tecniche e gli stratagemmi con cui supermercati e negozi ci fanno spendere di più. E qui non c’entra la legge, non c’entra il codice del consumo: tutte queste norme servono solo per darci la sensazione di essere tutelati, ma il marketing è molto più intelligente della legge: ci convince senza violare nessuna norma. Il marketing ha già deciso tutto ciò che voi credete di decidere. Perché, per legge, non c’è nulla di male nel cercare di convincere il cliente ad acquistare qualcosa in più di ciò di cui ha bisogno. Anzi, è proprio sul consumo che si basa la nostra società.

Ecco le regole su cui si basa questa società consumistica. Ecco come negozi e supermercati ci fanno spendere di più.

I carrelli della spesa sono i nostri primi nemici. Ce ne sono di diversi tipi: ci sono quelli che trascini su due rotelle, che si riempiono subito, ma che servono a chi ha fretta o non ha la moneta da 1 euro. E poi ci sono quelli tradizionali, su quattro rotelle, quelli dove – se vuoi – ci puoi anche parcheggiare sopra un figlio, così lui ti lascia tranquillo e tu sei libero di comprare e spendere. Ebbene, i cari e utili carrelli tramano contro di noi perché crescono di continuo. Li fanno sempre più grandi per darci l’impressione di non aver ancora comprato a sufficienza. Perché solo chi ha il carrello pieno fino all’orlo spende di più, nella nostra percezione. Così, se abbiamo un carrello grande, questo si riempirà con maggiore difficoltà e noi spenderemo di più.

Avete notato che le cassette dell’acqua si trovano sempre alla fine del supermercato, in genere vicino alle casse? La ragione è semplice e si collega a ciò che abbiamo appena detto: se si trovassero all’entrata, occuperebbero subito gran parte del carrello e svanirebbe quell’effetto di “vuoto” che ci spinge a riempirli di roba a volte inutile.

Salvo rare eccezioni, la frutta e la verdura – al contrario dell’acqua – è sempre all’inizio del supermercato, appena entri. La cosa non è pratica perché rischiamo di schiacciare, nel carrello, prodotti così delicati, ma c’è di mezzo il marketing: il supermercato vuol darci più tempo per scegliere prodotti sui quali ha un margine di guadagno più alto. 

Sullo scaffale, all’altezza degli occhi, troviamo sempre i prodotti più costosi o comunque quelli che la grande distribuzione vuol farci comprare. Questo perché siamo, per pigrizia, portati a non abbassarci e a non alzare lo sguardo verso l’alto. Allo stesso modo i dolci, le caramelle e le leccornie sono agli scaffali più bassi, affinché li possano vedere i bambini e convincere i genitori a comprarli. 

Alcuni marchi, ovviamente più forti che possono permetterselo, pagano per avere una collocazione migliore della propria merce sugli scaffali del supermercato.  

Quando leggiamo il prezzo di un prodotto non prestiamo attenzione ai centesimi: guardiamo solo il primo numero. E per questo, ancor oggi, per quanto sia una prassi già nota e criticata, il prezzo ha sempre i centesimi pari a 99. Così, se vediamo un prodotto che costa 9,99 euro crediamo che costi 9 euro ma in realtà il prezzo è 10 euro.

Proprio quando abbiamo finalmente imparato tutti i posti dove si trovano i prodotti della nostra spesa abituale, e così possiamo andare più spediti e sapere già dove posare gli occhi, ecco che il supermercato cambia la loro disposizione. Perché? Perché, nel cercare ciò che ci serve, ci accorgiamo di merce che prima non avevamo mai visto. Questo ci porterà a comprare, oltre ai prodotti già acquistati, anche altri.

Zucchero, sale, farina, carta igienica: tutti i prodotti che di solito compriamo ogni volta che andiamo al supermercato perché di prima necessità, si trovano alla fine: così siamo costretti a percorrere tutte le corsie, a cercarli, e così a farci attrarre da altri prodotti da acquistare.

Avete notato che, vicino alle casse, si trovano sempre i prodotti meno essenziali come le caramelle, le gomme da masticare, gli ovetti Kinder, le barrette energetiche? La ragione è semplice: se fossero tra gli scaffali non ce ne accorgeremmo o comunque non li prenderemmo. Invece, lì davanti, messi in bella mostra mentre attendiamo il nostro turno per pagare, ci invitano a comprare. E si tratta di solito di prodotti con prezzo più alto di quello che magari pagheremmo altrove.

Spesso, ci sono prodotti in gran numero buttati alla rinfusa in un cesto, non su uno scaffale. Questa tecnica è studiata ad arte perché serve a darci la percezione che si tratti di prodotti a basso costo, in svendita. Ma non è così: è solo un trucco per farci comprare qualcosa che non ci serve. Ed ora anche le farmacie stanno facendo lo stesso coi dentifrici, le creme, la caramelle, gli spazzolini. 

Avete notato quanto costano i ricambi delle lamette per la barba? Però, se comprate i rasoi, il prezzo è molto più basso, quasi regalato. È una tecnica di marketing per lucrare sui ricambi di cui poi si ha sempre bisogno. La stessa modalità viene usata dai produttori di stampanti che poi ti fanno pagare il toner a peso d’oro. 

Le confezioni riproducono foto dei prodotti già cucinati. Ma chissà perché sul nostro piatto il cibo ha un aspetto completamente diverso. Siamo noi dei pessimi cuochi o quelle immagini sono photoshoppate? Sicuramente, la seconda: tant’è che sulla confezione del prodotto c’è scritto in piccolo “immagine a solo scopo illustrativo”. 

Di fronte allo scaffale dove c’è il latte ci sono puntualmente le merendine e i biscotti. Dove si vendono gli aperitivi ci sono anche le patatine. E accanto alle confezioni delle fragole, immancabilmente, c’è la panna spray. Questa tecnica si chiama cross selling: consiste nel posizionare vicine tra loro categorie merceologiche diverse ma attigue per consumi: così il consumatore le acquista assieme. Poi, magari, il supermercato mette in offerta uno dei due prodotti per spingerci a comprare anche l’altro a prezzo pieno. 

Ricordate che nei supermercati nulla è messo a caso.

Veniamo ai tanto decantati volantini. I volantini sono pieni di prodotti in sconto. In realtà, si tratta solo di prodotti civetta. Vengono messi prodotti in sconto, per poi vendere a prezzo pieno gli altri. Così, se si mette a basso prezzo la confezione di piselli, ci sarà poi qualcuno che dovrà comprare la pasta e lì il prezzo lieviterà. Insomma, ciò che esce dalla porta rientra sempre dalla finestra.

I colori delle confezioni sono determinanti. Ce lo insegnano le etichette dei vini che non riporteranno mai colori accesi ma sono generalmente scure. Al nero, si dà un significato di rigore o di lusso. Ecco perché tutti i prodotti da corpo per uomo hanno confezioni nere: pensate ai deodoranti e ai bagnoschiuma. Quelli per donna sono di solito bianchi, perché la donna cerca il prodotto neutro, che purifica, perché ha la pelle più sensibile.  

Spesso, confrontiamo il prezzo di due prodotti identici di marche diverse. In realtà, dovremmo controllare il prezzo sulla base del peso, perché è quello che ci dice quale prodotto è più caro. Per esempio, se vediamo due confezioni di carta igienica da 12 rotoli, compreremo quella con un prezzo più basso ma potrebbe anche essere quella con meno carta e, quindi, quella più cara. 

Il cartellino con il prezzo deve necessariamente indicare il prezzo unitario e quello sulla base del peso.  

Ci sono alcuni prodotti le cui confezioni crescono: ad esempio, le bevande gassate o energetiche. E ce ne sono altre che rimpiccioliscono: come i dentifrici. Questo è uno stratagemma dei produttori che cercano, in questo modo, di scaricare sul consumatore i maggiori costi della produzione o la tassazione.

Una tecnica tipica di questi punti vendita, che ormai assomigliano sempre di più ai supermercati, è quella di esporre prodotti – specie quelli di cosmesi – con un adesivo riportante una percentuale di sconto. Il punto però è che, sullo scaffale, non è riportato il prezzo del prodotto; ragion per cui il consumatore non sa quanto andrà a risparmiare.

Mancando il prezzo di partenza, non sapremo mai se stiamo davvero risparmiando o meno.

I saldi possono essere un’occasione. Ma ricordate che la legge impone che, sull’etichetta, sia riportato il vecchio prezzo, la percentuale di sconto e il nuovo prezzo. Altrimenti, la vendita è irregolare. 

Inoltre, la merce in saldo deve essere separata da quella non in saldo in modo che il consumatore non sia indotto in errore. E poi ricordatevi che se sulla vetrina trovate la scritta “saldi fino al…” non vuol dire che tutti i prodotti abbiano quella percentuale di sconto.

Avrete notato che spesso, nelle vetrine dei negozi (specie quelli di abbigliamento), c’è scritto «vetrina in allestimento». A volte, questa è solo una furbata dei negozianti che non vogliono esporre i prezzi. Prezzi che invece vanno indicati obbligatoriamente perché il consumatore ha diritto di sapere, prima di entrare, quale prezzo andrà a pagare. 

L’indicazione del prezzo deve essere chiara e leggibile, non scritta con caratteri invisibili.

Il negoziante ha il dovere di farmi provare un capo? No, assolutamente no. Ma è un servizio che può fare per questioni di marketing. Allo stesso modo, non è tenuto a farci cambiare il prodotto se, arrivati a casa, scopriamo che non è più di nostro gradimento o non ci sta bene. Il cosiddetto diritto di recesso nei successivi 14 giorni spetta solo a chi compra fuori dal negozio, ossia su Internet o tramite televendita. 

Ulteriore prova che non siamo intelligenti e liberi? Ci stanno facendo credere ad un virus chiamato Covid-19 e al presunto (ma inefficace) vaccino/placebo.

Questa te la potevi risparmia’….

Ha ragione, i 120.000 italiani morti di Covid in realtà sono vivi e vegeti, sono stati trasferiti nottetempo alle Bahamas a spese di Big Pharma con la tacita approvazione dell’intero Parlamento, maggioranza e opposizione. Ma ora che lei ha smascherato l’infame macchinazione la pacchia per quei mascalzoni è finita…!

Ogni tattica è inutile quando la gente ha i soldi contati solo per l’essenziale, soprattutto in questo periodo di carrelloni pieni ne vedo davvero pochi: certe facce tristi e sconfitte al supermercato!

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